La maturazione completa del feto equino, indispensabile per permettere al puledro di affrontare la vita extrauterina, avviene nell’ultimo mese di gravidanza. Puledri prematuri (con meno di 320 gg di gestazione) possono essere gestiti nelle unità di terapia intensiva neonatale e sono soggetti a molteplici complicanze in relazione alla mancata maturazione del sistema immunitario, nervoso e tegumentario, oltre a problemi di ossificazione e maturazione cartilaginea che possono gravemente inficiarne il futuro sportivo.
A questo proposito appare molto importante il monitoraggio della gravidanza nelle fattrici, soprattutto nell’ultimo trimestre, per prevenire e trattare tempestivamente tutte quelle condizioni patologiche che possono portare ad una nascita prematura oppure ad un puledro problematico anche se a termine.
Osservazione clinica: alcune patologie medicochirurgiche rappresentano un rischio per il feto (coliche, infezioni virali o batteriche che comportano febbre persistente, decubito prolungato, laminite, gravi zoppie, bolsaggine, anoressia prolungata, etc.) e richiedonoono uno stretto monitoraggio dell’unità fetoplacentare, che può essere effettuata con l’ausilio importantissimo dell’ecografia (transaddominale e transrettale) affiancata alla diagnostica di laboratorio.
Fasi del parto e ruolo degli ormoni
Vediamo quale è il ruolo degli ormoni nelle differenti fasi della gravidanza e quali parametri possono aiutarci nella valutazione delle condizioni del feto equino.
Progesterone / progestinici: aumentano nell’arco della gravidanza, raggiungono un massimo nell’ultimo mese con un picco nelle 24 ore prima del parto a cui segue un crollo repentino, probabilmente in seguito all’attivazione delle surrenali fetali che iniziano la produzione di cortisolo quando l’ambiente uterino non appare più sufficiente alla vita del puledro. L’abbassamento del livello di progesterone promuove il rilascio di prostaglandine e l’attivazione dei recettori per l’ossitocina presenti nel miometrio, processi indispensabili per il regolare svolgimento della fase espulsiva del parto.
Il farmaco normalmente utilizzato per supplementare il progesterone endogeno (altrenogest) non interferisce con la misurazione di questo ormone.
Estrogeni: il loro livello aumenta fino ad un plateau, rimane stabile e poi cala verso fine gravidanza, con picchi notturni ripetuti prima del parto che contribuiscono probabilmente ad attivare il miometrio.
In laboratorio possiamo misurare l’estrone solfato ed l’estradiolo.
Monitoraggio del progesterone
Il corpo luteo ovarico rappresenta la fonte primaria di questo ormone, indispensabile per la quiescenza del miometrio e la chiusura della cervice nei primi 100 gg di gestazione. La presenza di uno o più corpi lutei accessori – successivi alla prima ovulazione – ben vascolarizzati, visualizzabili con ecodoppler, permette una prima valutazione dell’esistenza di una quantità di progesterone sufficiente al mantenimento della gravidanza. La maggiore o minore ecogenicità degli stessi non indica invece la maggiore o minore efficacia secretoria. Il livello ematico di progesterone minimo che permette il mantenimento della gravidanza è di 3 ng/ml. Sono possibili fluttuazioni nell’arco della stessa giornata, quindi si consiglia di effettuare prelievi seriali.
Dopo i 120 giorni, anche l’unità fetoplacentare inizia a produrre questo ormone, tramite uno “scambio” di metaboliti che coinvolge le surrenali fetali e di conseguenza le ovaie perdono di importanza nel mantenimento della gravidanza, quindi, da questa fase in poi, la misurazione di progesterone fornisce una misura affidabile della vitalità fetale. I livelli di questo ormone si mantengono costanti per alzarsi nell’ultimo mese di modo da permettere lo sviluppo della mammella e la maturazione dell’epitelio ghiandolare, che inizia a concentrare colostro ed a produrre i caratteristici cambi nelle secrezioni tipici dell’avvicinamento al parto (ne parleremo in modo approfondito il prossimo mese).
Quando le surrenali fetali sono mature iniziano a secernere cortisolo in risposta allo stress causato da un ambiente uterino non più idoneo, fatto che porterà ad un declino veloce di progesterone, che innesca la perdita del tappo mucoso, l’apertura della cervice, l’inizio delle contrazioni uterine e della fase espulsiva del parto.
Vediamo cosa potrebbe succedere ai livelli di progesterone in caso di disfunzioni dell’unità fetoplacentare, dei corpi lutei nelle fasi iniziali della gravidanza, o di gravi patologie materne.
Monitoraggio: si consiglia di prelevare 3/4 campioni di siero ad intervalli di 48–72 ore per seguire l’andamento fluttuante della secrezione di questo ormone, in questo modo potremmo riscontrare:
- un rapido declino, di solito seguito da espulsione fetale nelle patologie acute
- un aumento precoce seguito da un abbassamento nella sofferenza fetale o nelle placentiti, con rischio di nascita di puledri prematuri
- assenza di un aumento di progesterone nell’ultimo mese di gravidanza nelle fattrici con insufficienza placentare o patologie uterine che determinano una gestazione prolungata (oltre i 400 gg) con nascita di puledri dismaturi.
Monitoraggio degli estrogeni
Questa categoria di ormoni richiede la presenza dell’unità fetoplacentare per la propria produzione. L’estrone solfato infatti può essere utilizzato per la diagnosi di gravidanza nella fattrice oltre i 100 giorni quando l’ecografia non appare un’opzione praticabile: mentre il solo progesterone nelle prime fasi di gravidanza potrebbe essere espressione di un corpo luteo persistente, la presenza di estrogeni (estrone solfato) indica con sicurezza uno sviluppo fetale.
Il loro livello aumenta e segue lo sviluppo delle gonadi fetali, che forniscono i precursori sia di estrone solfato che di estradiolo. Entrambi si innalzano fino ad un plateau durante la gravidanza, per poi calare gradualmente seguendo la maturazione delle gonadi fetali fino al parto. Sembrano esserci dei picchi notturni di estrogeni nei giorni che precedono il parto, probabilmente per preparare i recettori del miometrio all’azione dell’ossitocina e delle prostaglandine.
Monitoraggio: si consiglia anche in questi casi di effettuare più prelievi nel corso della gravidanza. Livelli totali di estradiolo ed estrone solfato > a 1000 ng/ml sono considerati segno di benessere fetale, valori tra i 500 e gli 800 ng/ml potrebbero indicare sofferenza fetale, valori < a 500 ng/ml farebbero pensare ad una grave compromissione fetale. L’estrone solfato da solo non appare adatto per il monitoraggio della funzione placentare a causa della sua emivita piuttosto lunga e dal fatto che i suoi livelli si abbassano drasticamente in corrispondenza di morte fetale, poco prima di un’eventuale espulsione, non lasciando quindi spazio per interventi terapeutici.
Siero amiloide
Sappiamo che, in corso di patologie placentari, gli esami ematologici standard (conta cellulare completa e parametri biochimici di base) sulla fattrice non ci aiutano poiché raramente risultano alterati. L’unico parametro che si innalza precocemente nel caso di infezione/infiammazione appare appunto la siero amiloide che, per le caratteristiche di rapidità e precocità di variazione, costituisce un valido ausilio nel monitoraggio della terapia. I valori normali negli ultimi mesi di gestazione devono rimanere inferiori a 7 mg/l ed innalzarsi in corrispondenza del parto, per poi abbassarsi velocemente se non vi sono complicanze degne di nota.
Con un quadro clinico di sofferenza placentare, il monitoraggio di questo parametro permette di valutare la risposta alle terapie antibiotiche ed antinfiammatorie, permettendo un cambio di rotta repentino in caso di mancanza di efficacia delle molecole utilizzate.
(… segue il prossimo mese)
Dott.ssa Susanna Mereghetti