Nel gruppo delle Spirochete, microrganismi gram negativi elicoidali dotati di flagelli, possiamo annoverare anche Borrelia burgdorferi, responsabile della Malattia di Lyme nell’equino. Questa patologia è multisistemica e l’agente eziologico si trasmette attraverso le zecche, principalmente del genere Ixodes, che fungono da vettore passivo. Questi vettori, una volta nutritisi di sangue infetto, ospitando la Borrelia nell’intestino e nella saliva, possono infettare un secondo animale durante il successivo pasto di sangue, di solito nell’arco di 36/48 ore.
Nell’uomo questa malattia provoca artrite, eritema migrante, pericardite, stanchezza cronica, tutti sintomi innescati principalmente dalla reattività del sistema immunitario e dall’infiammazione scatenata dalla presenza di questo microrganismo.
Dobbiamo tener presente che molti cavalli venuti in contatto con questo agente eziologico (e quindi sieropositivi) non sviluppano mai la malattia e non la trasmettono ad altri soggetti, mentre in altri soggetti i sintomi possono comparire anche molti mesi dopo l’infezione. Ancora non si è capito come mai alcuni equini si ammalano mentre altri, pur essendo sieropositivi, non mostrano mai alcun segno di malattia, anche per molti anni dopo l’infezione.
La Borrelia si localizza dapprima in corrispondenza del morso del vettore (cute, muscolo, tessuto connettivo), poi, una volta entrata nel circolo sanguigno, infetta i leucociti e le cellule delle membrane sinoviali, innescando nei soggetti sintomatici una reazione infiammatoria ed autoimmunitaria grave. Questo porta alla formazione di immunocomplessi che determinano la maggior parte delle caratteristiche peculiari della malattia. Il batterio tende a permanere in questi distretti nonostante le terapie. Nei casi più gravi si verifica una localizzazione a livello di sistema nervoso (neuroborreliosi), nell’occhio (uveite), oltre alle classiche zoppie intermittenti dovute a poliartrite e polisinovite.
La diagnosi non è facile, proprio a causa delle caratteristiche della malattia che appare in forma cronica o ricorrente, con sintomi variabili e comuni a molte altre patologie e presenta scarsa risposta ai trattamenti. Spesso si arriva ad una diagnosi per esclusione di altre patologie più comuni che si presentano con la medesima sintomatologia, la sierologia da sola non consente di effettuare una diagnosi certa e l’isolamento dell’agente eziologio è molto complicato.
Anamnesi ambientale
La trasmissione della Borrelia richiede la presenza di vettori, la cui attività appare massima nei mesi primaverili / estivi, soprattutto in caso di clima fresco ed umido, con piogge frequenti. È stata descritta anche la trasmissione occasionale tramite insetti ematofagi o roditori, come vettori non attivi, mentre invece le zecche presentano attiva proliferazione e probabilmente anche una trasmissione transovarica, con lo sviluppo di larve e ninfe già infettanti, che hanno pertanto un ruolo decisivo dal punto di vista epidemiologico.
In laboratorio risulta possibile testare le zecche: tramite PCR si riesce infatti a rilevare la presenza di Borrelia burgdorferi nell’artropode e questo permette di effettuare una buona prevenzione ambientale ed anche una più precisa diagnostica sul singolo soggetto.
Vediamo nel dettaglio le differenti forme cliniche con cui può presentarsi questa malattia.
• Neuroborreliosi
La localizzazione di questo batterio all’interno del sistema nervoso centrale può causare: paresi facciale, disfunzioni laringee, atassia, paresi, fascicolazioni, zoppie e dolore che riguardano collo e schiena, uveite, aritmie, dolori articolari, nei casi gravi meningite con o senza episodi febbrili associati
• Uveite
Di solito sono colpiti entrambi gli occhi e si rilevano sinechie, miosi, alterazioni dell’iride, questa forma appare spesso associata alla neuroborreliosi.
• Lesioni cutanee
Colpiscono il derma, di solito in concomitanza al sito di infezione, dove possiamo rilevare noduli o papule che all’esame istologico mostrano una proliferazione focale infiltrativa di tipo iperplastico-linfoide (pseudolinfoma). Con la PCR possiamo mostrare la presenza della Borrelia a livello cutaneo. Non è presente invece il classico eritema migrante tipico della forma che interessa l’uomo.
• Sinovite
La localizzazione della Borrelia a livello delle sinoviali, dove causa una sinovite linfo-plasmacellulare che si manifesta con un accumulo di liquido con distensione delle guaine tendinee o delle articolazioni coinvolte, appare responsabile delle zoppie intermittenti che riguardano più articolazioni in vari contesti temporali e che spesso costituiscono una sfida diagnostica per gli ortopedici.
Diagnostica
➔ Sierologia (Western Blot, IFAT)
Abbiamo affermato che una semplice positività non permette di diagnosticare in automatico la malattia, poiché molti soggetti possono essere venuti in contatto nel corso della loro vita con questo agente eziologico senza mai sviluppare patologia.
La presenza di anticorpi risulta rilevabile dopo almeno 3 settimane dall’esposizione alla spirocheta, ma non si riscontra una correlazione certa tra titolo anticorpale e malattia, come pure sappiamo che un adeguato trattamento non sempre determina la negativizzazione dell’ospite: ancora non è compreso se questo sia dovuto alla persistenza dell’agente eziologico o ad alcuni suoi allergeni in circolo, oppure alle continue reinfezioni subcliniche che possono colpire i soggetti esposti in modo cronico alle zecche portatrici.
Laboklin con il test IFAT riesce a differenziare le IgM e le IgG, pertanto è possibile valutare se l’infezione è recente (presenza di IgM) e quindi possa essere responsabile del quadro clinico riscontrato al momento dell’esecuzione del test.
Anche una sieroconversione nell’arco di un tempo più lungo potrebbe essere presa in considerazione nei casi che assumono caratteristiche di cronicità e ricorrenza.
Le linee guida non raccomandano pertanto di testare in via preventiva gli animali sani (1), inoltre nella neuroborreliosi, nelle uveiti, negli animali immunocompromessi od infetti da meno di 3 settimane possiamo avere titoli anticorpali negativi.
➔ PCR
La ricerca dell’agente eziologico nel materiale sospetto appare di fondamentale importanza per la diagnostica di questa malattia.
Possiamo ricercare infatti la spirocheta:
- sulla cute nel caso di eritema e lesioni
- nel liquor / umor acqueo (neuroborreliosi, uveite)
- nel liquido sinoviale se si riscontra una poliartrite od una una sinovite (carpo)
- su zecca sia rilevata nell’ambiente che sull’animale sospetto infetto.
Ma come fare diagnosi con una certa sicurezza?
Le linee guida internazionali (1) propongono di considerare:
- anamnesi di zona endemica o presenza di zecche infette nell’ambiente o sul soggetto colpito
- presenza di uno o più sintomi caratteristici di una delle sindromi tipiche della malattia
- esclusione delle altre patologie che presentano un quadro clinico simile
- sieropositività con alto titolo IgM nelle forme acute, tenendo però sempre presente i casi in cui potremmo avere un titolo negativo (l’infezione recente – meno di tre settimane – o la localizzazione nel sistema nervoso centrale).
La terapia antibiotica (tetracicline) in caso di Malattia di Lyme deve essere effettuata per lungo tempo e l’efficacia è variabile, dovuta anche alla difficoltà di una diagnosi certa. Una parte importante è invece svolta dalla prevenzione e controllo degli artropodi vettori nell’ambiente e sull’animale, con l’utilizzo regolare di idonei repellenti.
Dott.ssa Susanna Mereghetti