Le leptospire sono microrganismi spiraliformi, molto sottili, gram negativi, asporigeni, dotati di endoflagelli, di una parete e di una membrana con lipopolisaccaridi, appartenenti al phylum Spirochete.
Sono caratterizzate da una scarsa resistenza all’ambiente esterno: la loro sopravvivenza appare infatti legata a particolari condizioni di umidità, presenza di ossigeno, temperatura e costituzione dei terreni (pH neutro) oltre che all’assenza di luce diretta (sono favorevoli quindi le acque stagnanti e paludose, il clima piovoso e le temperature non molto basse).
La trasmissione nel cavallo avviene di solito per via orale tramite ingestione di foraggio od acqua contaminati da urina di vettori infetti. La penetrazione del microrganismo può avvenire pertanto tramite le mucose dell’apparato digerente, oculocon-giuntivale, nasale, genitale, od attraverso soluzioni di continuo della cute in casi più rari.
I vettori sono generalmente roditori, rettili, anfibi, che tollerano molto bene l’infezione, ma anche animali domestici (suini e ruminanti) che possono diffondere il batterio con le urine, in modo intermittente e senza mostrare sintomi clinici.
È anche descritta la trasmissione venerea, transplacentare, da contatto con feti, invogli fetali abortiti e latte di fattrici colpite, o tramite artropodi ematofagi (Ixodes) che fungono da ospiti di mantenimento.
La sintomatologia è spesso variabile ed aspecifica e si ritiene che la diagnosi venga con frequenza sottostimata nella specie equina, non sono peraltro disponibili vaccini efficaci come invece succede per il cane.
Una volta che le leptospire penetrano nell’organismo, si verifica una rapida batteriemia che nel corso di 3–10 giorni può portare ad una fase setticemico-endotossiemica acuta, caratterizzata dalla comparsa di gravi sintomi (anoressia, abbattimento, febbre, fotofobia, lacrimazione, miosite, mioglobinuria, aborto o nascita di puledri prematuri / disvitali), cui segue la seconda fase, ovvero quella di localizzazione, dove le leptospire stesse raggiungono fegato, reni e, soprattutto nel neonato, meningi.
Durante la fase acuta, non solo l’urina ma anche il latte, altri secreti ed ovviamente il sangue, possono diffondere il batterio nell’ambiente.
Nella specie equina sono più frequenti le forme subcliniche paucisintomatiche a localizzazione prevalentemente renale, caratterizzate da nefrite interstiziale cronica ed escrezione intermittente, il coinvolgimento oculare (uveite ricorrente) e l’aborto o la natimortalità.
La virulenza e la sintomatologia dipendono sia dalla quantità di batteri che penetrano nell’ospite che dal tipo di sierotipo coinvolto.
Nel cavallo sono frequenti le variante bratislava, kirschneri ed interrogans. Il sierotipo pomona sembra essere quello maggiormente responsabile di aborto equino (Williams et al, 1994). Altre sierovarianti rilevate sono copenagheni, grippotyphosa ed icterohaemorragica.
Sindrome ittero-emorragica / insufficienza renale
Le sindromi di carattere acuto non sono fortunatamente frequenti nella specie equina.
Spesso riguardano i puledri neonati o prematuri nati da madri infette, dove la localizzazione della spirocheta interessa principalmente il fegato ed i reni: possiamo avere ittero, anemia, diarrea, oliguria, epatomegalia, coliche ricorrenti, polmonite con atelettasia, nefrite con insufficienza renale.
Se il decorso è iperacuto si può verificare setticemia con interessamento meningeo, con grave sintomatologia neurologica associata a decubito, coma e morte.
Esami di laboratorio:
- esame emocromocitometrico: possiamo avere neutrofilia / leucocitosi ed anemia
- parametri biochimici: sono frequenti iperbilirubinemia, enzimi epatici alterati, iperazotemia, ipercreatininemia
- titolazione anticorpale: possiamo effettuare su siero la titolazione di molti sierotipi contemporaneamente, appunto perché molte sierovarianti possono essere responsabili della malattia nel cavallo. La comparsa degli anticorpi in circolo avviene in genere dopo 7-8 giorni post-infezione, quindi questa metodica appare maggiormente indicativa nelle forme croniche o subcliniche, dove la tempistica permette di effettuare agevolmente una sieroconversione. Il titolo del campione sarà dato dall’ultima diluizione che provoca agglutinazione e la positività è indicata per ogni titolo maggiore o uguale a 100. Un’eventuale sieroconversione va interpretata con cautela se la terapia è stata iniziata precocemente, dato che l’antibiotico è di solito molto efficace nell’inibire la moltiplicazione batterica. La tecnica utilizzata presso Laboklin è la microagglutinazione o MAT, riconosciuta come molto sensibile e specifica nella rilevazione dei diversi sierotipi testati: canicola, icterohaemorragie, grippotyphosa, saxkoebing, bratislava, sejroe, autumnalis, australis, pomona.
- esame delle urine: sono possibili bilirubinuria, albuminuria, leucocitosi ed ematuria se il danno renale è importante. Su questo materiale è indicata la ricerca della Leptospira tramite PCR: sono richiesti più prelievi seriali date le caratteristiche di escrezione intermittente del batterio. Non sono necessarie particolari accortezze per l’invio al laboratorio, differentemente da quello che succede per la ricerca tramite coltura, che richiede invece particolari terreni di trasporto e potrebbe risultare negativa se il campione non viene conservato appropriatamente, data la scarsa resistenza di questo agente eziologico all’ambiente esterno. Questo test permette di rilevare l’infezione precocemente, anche prima della positività sierologica, di identificare i portatori sani od anche i soggetti guariti che però potrebbero comunque risultare eliminatori della Leptospira nell’ambiente, svolgendo un ruolo epidemiologico importante.
Uveite ricorrente
Si ritiene che le spirochete svolgano un ruolo decisivo nel determinare la produzione degli autoanticorpi che, nel soggetto colpito, ciclicamente aggrediscono la cornea provocando quindi l’uveite ricorrente (monolaterale o bilaterale) caratterizzata da episodi di gravità sempre maggiore, fino a portare nel tempo a cecità causata da un opacamento corneale progressivo da deposizione di fibrina e neutrofili.
Il paziente di solito non mostra altri sintomi correlati, dato che l’infezione potrebbe essere avvenuta anche molto indietro nel tempo ed il danno appare associato ad altri fattori (ambientali o genetici) che esplicano la loro azione nel corso di mesi od anni.
I sierotipi maggiormente coinvolti sono pomona, grippotyphosa e icterohaemorragie.
Esami di laboratorio
In questi casi è indicato in primis il test sierologico, dato che il danno corneale ricorrente è collegato alla formazione di immunocomplessi e l’agente eziologico potrebbe non essere già più presente al momento delle manifestazioni cliniche.
È comunque possibile effettuare una PCR sui fluidi oculari (camera anteriore) con ricerca della Leptospira, mentre l’esame citologico indica spesso solamente un’uveite infiammatoria specifica.
Aborto
Nella fattrice gravida dopo la fase viremica la Leptospira passa attraverso la placenta, causando una placentite con infiammazione del cordone che potrebbe portare a sofferenza fetale ed aborto generalmente asintomatico (dopo circa 2 mesi dall’infezione) o nascita di puledri prematuri o disvitali, già infetti. Gli annessi embrionali si presentano edematosi, ingrossati, itterici con presenza di essudato, trombi e fibrina.
Non tutte le fattrici sieropositive presentano aborto o puledri malati, poiché la sintomatologia dipende anche dalla quantità di spirochete, dal sierotipo infettante, dalla risposta del sistema immunitario materno e dalla presenza di ulteriori fattori predisponenti.
Le varianti maggiormente coinvolte in caso di aborto equino sono interrogans e pomona.
Esami di laboratorio
Fondamentale in questi casi prendere in esame feto ed invogli fetali abortiti:
all’esame istologico della placenta si riscontrano segni di infiammazione, aree di necrosi perivascolare, ittero, infiltrazioni diffuse di cellule della serie bianca, ispessimenti ed edemi (Sebastian et al, 2005).
Nel feto abortito le lesioni riguardano generalmente il fegato che appare itterico e friabile, i reni che si presentano edematosi con striature bianche, petecchie e microascessi, (Donahue et al, 2000), il polmone che spesso mostra infiammazione, trombi ed emorragie, la milza che può essere aumentata di volume e mostrare vasculite e perivasculite (Whitwell et al, 2009).
PCR
Le spirochete possono essere evidenziate nel materiale abortivo tramite questa metodica, specialmente a livello di villi, cordone, fegato, rene e polmoni fetali che come abbiamo visto appaiono macroscopicamente alterati.
Per l’esecuzione di questo test i tessuti devono essere posti in soluzione fisiologica, oppure è possibile inviare dei tamponi a secco effettuati sulle parti lesionate prima di immetterle in formalina per un eventuale esame istologico successivo.
Nella fattrice che ha abortito è consigliabile effettuare una titolazione anticorpale ad ulteriore conferma dell’avvenuta infezione.
Dott.ssa Susanna Mereghetti