L’allergia alimentare nel cane e nel gatto si manifesta con segni clinici caratterizzati da infiammazione cutanea e prurito (dermatite pruriginosa). Ci sono sintomi digestivi solo nel 10 – 30 % delle allergie alimentari.
IIl quadro clinico della dermatite allergica indotta da alimenti (FAD) è impossibile da differenziare dalla dermatite atopica. Alla sua diagnosi si arriva sottoponendo il paziente aduna dieta che non induca una reazione allergica per un tempo minimo di circa due mesi. In generale, oltre il 90% dei pazienti allergici al cibo risponderà a una rigorosa dieta di eliminazione protratta per due mesi.
Seguire una dieta di eliminazione per diagnosticare un’allergia alimentare non è semplice a causa della difficoltà nella selezione degli ingredienti della dieta e della comprensione e collaborazione dei proprietari nella dieta.
Una delle più grandi difficoltà è quella della scelta di una dieta che non provochi allergia nel singolo paziente. Non tutti i pazienti sono allergici agli stessi ingredienti. Non esistono quindi diete generalmente definibili ipoallergeniche, se non quelle la cui componente proteica è costituita esclusivamente da aminoacidi o peptidi di dimensioni talmente ridotte da non poter indurre una risposta allergica in nessun individuo (questa è la base per diete idrolizzate e ultraidrolizzate). Le diete con proteine “nuove” che vengono utilizzate per la diagnosi e il trattamento delle allergie alimentari, si basano sul fatto che nessuna reazione allergica viene provocata senza una precedente esposizione a un allergene. Tuttavia, queste diete non sono ipoallergeniche per la popolazione generale ma per animali che non hanno precedentemente ingerito quella particolare proteina. La selezione degli ingredienti per una dieta con proteine nuove dovrebbe essere effettuata sulla base della precedente storia alimentare o dei risultati di un test per gli allergeni alimentari.
Un problema importante è quello dell’etichettatura delle diete: questa non riflette tutte le fonti proteiche contenute negli alimenti. Diversi studi hanno identificato che oltre l’80 % delle diete commerciali etichettate come “fonti proteiche limitate”, “fonti proteiche singole”, “fonti proteiche ristrette”, “idrolizzato” o “ipoallergenico” contengono proteine non dichiarate che potrebbero essere considerate allergeni. Questo è dovuto a due fattori:
- legalmente, l’etichetta deve riportare l’origine dei soli ingredienti che rappresentano più del 20 % della dieta. Altri componenti possono essere raggruppati sotto il termine generale di carne o sottoprodotti.
- la contaminazione del mangime con altre fonti proteiche. La contaminazione può verificarsi durante la produzione, la lavorazione o la manipolazione del mangime. Le diete commerciali “ipoallergeniche” devono essere prodotte su linee di produzione esclusivamente per quel mangime o dopo la completa pulizia dei macchinari per evitare la contaminazione incrociata. Queste diete devono essere sottoposte a severi controlli di qualità per quanto riguarda gli ingredienti, la linea di produzione e il prodotto finale, compreso il controllo PCR per possibili contaminazioni, per garantire l’idoneità della dieta allo scopo previsto.
Sul mercato si moltiplicano le diete che si autodefiniscono e promuovono come ipoallergeniche, rendendo difficile la diagnosi di allergie alimentari e confondono il proprietario. Quando si seleziona una dieta restrittiva per i test di allergia alimentare, il veterinario deve essere sicuro dell’idoneità della dieta e dell’affidabilità del produttore. Le linee guida sull’alimentazione WASAVA aiutano il veterinario a identificare produttori di mangimi commerciali affidabili (vedi riferimenti).
Come eseguire la dieta di eliminazione
La dieta dovrebbe essere rigorosa, con solo il mangime selezionato e l’acqua. Non può venire dato nessun altro ingrediente poiché anche solo una piccola quantità dell’allergene (sconosciuto) scatenerebbe la reazione allergica. In generale, questa dieta dovrebbe essere mantenuta per un minimo di 8 settimane. Bisogna assicurarsi che il proprietario comprenda la necessità della dieta come test diagnostico e che possa eseguirla rigorosamente.
Tutti i fattori che potrebbero portare ad un errore devono essere controllati: ingestione di cibo di altri animali che vivono con il paziente, ingestione di cibo trovato sul pavimento, bambini o persone che forniscono all’animale, apertamente o di nascosto, cibo. È un test che si esegue a casa e che può portare a molti errori che dovrebbero essere limitati. Se è impossibile completarlo rigorosamente, è meglio non farlo, poiché ciò comporterà errori nei risultati e nella loro interpretazione.
Durante il periodo della dieta, i segni clinici devono essere gestiti con un trattamento antipruriginoso/antinfiammatorio. Se si tratta di un’allergia alimentare, il trattamento può essere interrotto dopo 8 settimane di dieta. In caso contrario, i segni clinici riappariranno dopo l’interruzione del trattamento medico.
Una volta che i segni clinici sono stati controllati con la dieta, l’animale dovrebbe essere esposto agli alimenti precedenti per confermare l’allergia alimentare. Identificare gli ingredienti che causano l’allergia è complicato tanto quanto identificare quelli che l’animale può tollerare.
Utilita’ dei test per gli allergeni alimentari
I test sugli allergeni alimentari valutano le IgE e le IgG rispetto a ciascun alimento. Non sono test sensibili, cioè possono essere positivi in animali allergici e non. Ma sono altamente specifici: se i risultati sono negativi per IgE e IgG, è improbabile che l’animale sia sensibilizzato a quell’alimento.
Questi test non sono utili per diagnosticare la malattia, ma possono essere di grande aiuto per il veterinario, il proprietario e, ovviamente, il paziente.
- Nel caso di proprietari restii a mettere a dieta il proprio animale: risultati positivi possono aiutarli a decidere di seguire la dieta e risultati negativi possono liberarli dal “rimorso” di non seguirla.
- Se si sceglie una dieta casalinga, i test sugli allergeni aiuteranno a selezionare gli ingredienti della dieta: un’unica fonte di proteine e di carboidrati che sono risultati negativi per IgE e IgG. Ricordare al proprietario di prendere precauzioni estreme durante l’elaborazione della dieta per evitare la contaminazione con altri ingredienti (lavorando sul superfici pulite e utilizzando utensili da cucina lavati).
- Se si utilizzano diete commerciali, si raccomandano diete a base di idrolizzati Se vengono utilizzate nuove proteine, selezionare diete con una fonte di proteine e carboidrati che siano IgE e IgG negativi. Ricorda l’importanza dell’affidabilità del marchio e dell’etichettatura.
- Dopo la diagnosi di allergia alimentare, i test alimentari sierologici aiutano ad ampliare il ventaglio di ingredienti della dieta. Gli alimenti negativi per IgE e IgG possono essere incorporati nella dieta uno alla volta per un minimo di 15 giorni. La tolleranza dell’animale ad un ingrediente somministrato giornalmente per 15 giorni indica che l’animale non è allergico all’ingrediente. Una volta che l’ingrediente puro è tollerato, può essere somministrato in una dieta commerciale (premietti, secco o umido) e questa testata per la tolleranza.
Conclusioni
La diagnosi di allergia alimentare è molto complicata, si basa su una dieta casalinga, con pochi ingredienti e con tutti i fallimenti che questo comporta, rendendola anche di difficile interpretazione. Il test sugli allergeni alimentari non diagnostica la malattia, ma aiuta il proprietario e il veterinario a elaborare la dieta, a limitarne l’errore e a selezionare gli ingredienti sia per la prova di eliminazione che per la dieta di mantenimento che l’animale potrà seguire in futuro.
Dott.ssa Carmen Lorente, DVM, PhD, DipECVD