Principi generali
I virus sono microrganismi essenziali composti da materiale nucleare protetto da un capside proteico ed in alcuni casi da un rivestimento lipidico (envelope). Per vivere e riprodursi hanno bisogno di infettare delle cellule, dei batteri, delle piante e persino altri virus. A causa della loro natura microscopica non sono visibili se non al microscopio elettronico e possono essere pertanto trasportati da insetti cosiddetti vettori, per aerosol dopo tosse e starnuti, tramite contatto diretto di cute e mucose o scambi di fluidi corporei.
Vari materiali possono quindi essere inviati al laboratorio per la diagnostica virologica: tessuti, escreti, secreti, feci, sangue, fluidi corporei. Si possono utilizzare degli appositi tamponi senza medium od immettere i tessuti in soluzione fisiologica, i fluidi in provette sterili, le feci negli appositi contenitori, il sangue in EDTA / LiH.
I prelievi in vivo per la ricerca virale devono essere preferibilmente effettuati nella fase acuta febbrile della malattia, mentre per la diagnostica sierologica si considera la sieroconversione con doppio prelievo dopo circa 14 giorni dal primo, evitando la somministrazione concomitante di corticosteroidi. Per questi esami di ricerca anticorpale sono utilizzabili sia il siero che il plasma.
Diagnostica diretta: ricerca virale
Si basa sulla rilevazione della presenza del virus nel materiale raccolto e si avvale delle seguenti tecniche.
Ricerca di particelle virali (microscopia ed immunomicroscopia elettronica) utilizzata generalmente per quelle specie virali che crescono poco in coltura, con alcuni svantaggi:
- elevata concentrazione necessaria
- operatore dipendente
- tempistica lunga per la preparazione dei campioni e analisi.
Per questo motivo è una procedura poco utilizzata nei laboratori diagnostici, preferita invece nella ricerca.
Isolamento virale (coltivazione su tessuto colture) con valutazione degli eventuali effetti citopatici sul tessuto stesso. Le colture cellulari normali si presentano come un sottile velo compatto aderente alla parete della piastra, con uno strato che viene scomposto dalla replicazione del virus inoculato, che provoca necrosi cellulare diffusa (formando sincizi, corpi di inclusione, placche).
Purtroppo anche per questa metodica abbiamo dei limiti:
- lentezza ed effetto citopatico non chiaro per tutti i virus
- le colture cellulari sono molto virus-specifiche, quindi devo avere un chiaro sospetto presemina
- devono esserci virus vitali nel campione da testare.
Ricerca di antigeni virus-specifici (ELISA, EIA, IF diretta / indiretta): queste metodiche vengono usualmente utilizzate per la rilevazione del titolo anticorpale, ma possono essere impiegate nella ricerca delle parti proteiche del capside (che funge da antigene) evidenziando la presenza di complessi Ag-Ac attraverso una fluorescenza, o una colorazione. I vantaggi principali sono dati dalla estremarapidità e specificità.
Ricerca di acidi nucleici virali (metodica PCR) : è una metodica che permette l’amplificazione di parti di RNA o DNA virale eventualmente presenti nel materiale inviato in modo veloce e sicuro.
Diagnostica indiretta (sierologia)
Si avvale di tecniche in grado di rilevare nel siero dei pazienti la presenza di anticorpi contro alcuni specifici antigeni virali.
Nel corso dell’infezione vengono prodotte tutte le tipologie anticorpali:
- IgM: si manifestano precocemente (generalmente entro il primo mese) e sono caratterizzate da estrema rapidità di sintesi ed azione ma scompaiono dopo alcune settimane, quindi non forniscono una protezione di lunga durata.
- IgG: si presentano più tardivamente ma sono più efficaci e persistono per anni, quindi si attivano a seguito di possibili ulteriori contatti con l’antigene per lungo tempo. Sono le stesse che vengono prodotte dalla somministrazione del vaccino e non sono distinguibili da quelle originate dall’infezione diretta.
- IgA secretorie mucosali: svolgono un importante ruolo di protezione delle mucose alla penetrazione virale, non sono usualmente ricercate per i test ematologici.
La diagnosi sierologica si basa essenzialmente sulla ricerca di IgM (indice di infezione recente in soggetto sintomatico) o alternativamente valutando la cosiddetta “sieroconversione”, ovvero il deciso aumento del titolo anticorpale delle IgG del soggetto preso in esame, indice di infezione con viremia in atto.
Di solito servono 2 campioni: uno prelevato in fase acuta e l’altro in fase di convalescenza, possibilmente evitando la somministrazione di corticosteroidi. A volte però, la situazione e il decorso clinico della patologia non permettono questo tipo di indagine e un solo prelievo (il cosiddetto “siero tardivo”) con un alto titolo – indicato dal laboratorio come superiore alla soglia che indica il contatto recente con il virus in assenza di vaccinazione pregressa – permette una diagnosi presuntiva.
Il limite della diagnosi sierologica sta nella reattività crociata tra virus appartenenti alla stessa famiglia (sierotipi) e nella somministrazione di eventuali trattamenti immunomodulanti.
Vediamo le varie tecniche.
- Sieroneutralizzazione: permette la misurazione di anticorpi specifici che immessi in una coltura incubata con un determinato virus, neutralizzano a varie diluizioni un caratteristico effetto citopatico dello stesso. In pratica, il siero in esame viene mescolato in diluizioni seriali con una quantità fissa di virus che funge da antigene, poi le miscele vengono incubate in una coltura e se ne valuta l’effetto citopatico:
se non si verifica alcun effetto citopatico, significa che il siero in esame ha presenza di anticorpi neutralizzanti l’effetto del virus
Il titolo è indicato dalla massima diluizione attiva, quella per cui non si osserva più l’effetto citopatico
- Inibizione dell’emoagglutinazione (IEA): si tratta della rilevazione di anticorpi specifici in grado di inibire l’attività emoagglutinante di alcuni virus. In pratica, si mettono in contatto varie diluizioni del siero da testare con alcuni pozzetti contenenti delle emazie in sospensione in quantità fissa, assieme a particelle virali emoagglutinanti.
Il titolo è indicato dalla massima diluizione attiva, quella per cui non si osserva l’effetto emoagglutinante del virus, dimostrato dalla mancata formazione di un dischetto scuro di emazie sul fondo dei pozzetti
- Fissazione del Complemento (FC): in presenza di anticorpi specifici nel siero preso in esame, si forma un immunocomplesso che lega il complemento, impedendo la lisi delle emazie incubate. Queste si agglutineranno sul fondo del pozzetti senza alcuna reazione litica appunto, che avviene invece normalmente quando il siero è negativo.
- ELISA / Radio Immuno Assay: si tratta di moderni metodi cosiddetti “immunoenzimatici” dove la sostanza da rilevare (un antigene od un anticorpo) viene intercettata da una sonda che viene successivamente coniugata con un marcatore colorimetrico od un radionuclide (iodio-125) nel caso della RIA.
La metodica ELISA può essere quantitativa in base all’analisi della densità ottica del viraggio colorimetrico, o qualitativa, con valori soglia stabiliti statisticamente dal laboratorio (per questo motivo esiti da diversi laboratori possono non essere confrontabili a causa delle differenze tra le varie metodiche).
Vediamo le diverse varianti.
ELISA diretta
Si utilizza di solito per rilevare un antigene:
- la soluzione dell’antigene da testare è inoculata in 96 pozzetti e viene fatta aderire alla plastica
- viene aggiunta una proteina neutra per coprire le parti di pozzetto rimaste libere dall’antigene
- viene aggiunto un anticorpo che si lega all’antigene con un enzima coniugato
- si aggiunge il substrato per l’enzima
- il substrato legato all’enzima cambia colore
L’entità e la velocità del viraggio del colore è un indice della concentrazione degli anticorpi / antigeni presenti nella soluzione da testare. Se non vi sono anticorpi, nella soluzione non si verifica alcun viraggio.
ELISA indiretta semplice
Si utilizza per la rilevazione di un antigene, al quale viene coniugato un primo anticorpo specifico a cui viene abbinato un secondo anticorpo coniugato con l’enzima che determina la reazione colorimetrica.
ELISA sandwich
Si rileva la presenza di anticorpi verso un determinato anticorpo che viene fissato alla plastica del pozzetto e viene coniugato tramite un apposito antigene, che funge da “attacco” per l’enzima colorimetrico (come il ripieno di un sandwich appunto).
Competitive ELISA
Questa metodica permette una quantizzazione dell’anticorpo ricercato. Infatti quest’ultimo è incubato con il suo antigene, formando dei complessi Ag-Ac che verranno successivamente immessi in pozzetti con un nuovo antigene fissato alla parete. In questo modo si legheranno solo gli anticorpi rimasti liberi, andati in competizione con il precedente antigene nella soluzione che ha formato i complessi Ag-Ac che invece verranno dilavati. Nei pozzetti verrà in seguito immesso un terzo anticorpo, specifico per il primo anticorpo, che porta con sé l’enzima che permette la reazione colorimetrica solo sugli anticorpi coniugati con l’antigene.
Questa procedura è possibile sia per la misurazione quantitativa di anticorpi che per gli antigeni.
Meno anticorpo/antigene abbiamo nella soluzione iniziale messa in incubazione, più anticorpo / antigene viene fissato ai pozzetti e più forte è la colorazione rilevata.
Reverse ELISA
Si tratta di una tecnica recente che permette di quantizzare gli anticorpi rimasti sospesi nella soluzione piuttosto che quelli adesi ai pozzetti:
- il campione da testare è incubato con il suo antigene in quantità fissa
- il campione è poi passato in un tubo di flusso alle cui pareti è adeso lo stesso antigene
- quindi nella soluzione avremo degli anticorpi legati ad un antigene solubile e altri anticorpi legati ad un antigene simile della parete del tubo
- il campione con gli anticorpi legati in soluzione e alla parete vien fatto passare in un detector
- è possibile in questo modo la misurazione di IgG ed IgM contestualmente su uno stesso campione.
Il risultato viene espresso con un valore in percentuale inverso, ovvero: una più alta percentuale espressa corrisponde ad un titolo anticorpale più basso, in quanto la percentuale di anticorpi legati alla parete del tubo risulta maggiore.
In Laboklin questo tipo di test viene utilizzato per la diagnostica anticorpale del virus della West Nile disease, con misurazione contemporanea di IgG ed IgM, fondamentale per una corretta diagnosi di malattia in atto.
WESTERN BLOT
Con questo test possiamo separare una miscela di proteine (tessuti o colture cellulari) e identificare successivamente la presenza di anticorpi.
In pratica la miscela da analizzare viene prima separata con un’elettroforesi su gel, incubata con un anticorpo primario che rileva l’antigene e di seguito miscelata con un secondo anticorpo collegato ad un enzima che catalizza una reazione colorimetrica / chemoluminescente / radiografica o fluorescente la cui intensità è una misura quantitativa della presenza di anticorpi.
Immunodiffusione in gel di agar (AGID)
È in pratica una reazione di precipitazione tra un antigene posto al centro della piastra e alcuni sieri da analizzare posti in vicinanza dell’antigene, inglobati in un gel di agar:
dove i sieri sono positivi, si formano degli immunocomplessi che sono insolubili e precipitano formando una striscia detta “linea di identità”, che dimostra visivamente la positività al test.
Si tratta del test ufficiale e specifico per la diagnosi di Anemia Infettiva nel cavallo (AIE) in quanto la reattività antigenica si esplica contro la proteina p26, una proteina maggiore molto specifica del capside caratteristica di questo Lentivirus.
Le altre metodiche utilizzate (ELISA) possono reagire anche nei confronti di altre proteine di membrana, meno specifiche, e sono pertanto possibili reazioni crociate. Sono più rapide ma, in caso di positività, la conferma per l’attuazione delle disposizioni di Polizia Veterinaria previste in questo caso, viene attivata solo dopo conferma di positività da AGID presso gli Istituti Zooprofilattici di competenza territoriale.