Congresso annuale dell’European College of Equine Internal Medicine
Endocrinologia
ß-Endorfine in cavalli affetti da Pituitary Pars Intermedia Dysfunction (PPID)
Nathalie Elisa Fouché, Swiss Institute of Equine Medicine, Berna, Svitzerland
E’ stato validato un test competitivo immunologico (umano) per l’utilizzo su siero equino. Sono state misurate in luglio le concentrazioni di ß-Endorfine in cavalli affetti da PPID ed in luglio ed ottobre sia in cavalli affetti da PPID che in cavalli di controllo sani. I gruppi sono stati definiti sulla base delle concentrazioni di ACTH. I coefficienti di variabilità inter ed intratest erano rispettivamente del 3.37% e del 3.24%. La concentrazione di ß-endorfine si mostrava significativamente più alta in cavalli affetti da PPID rispetto ai cavalli di controllo. La concentrazione di ACTH e di ß-endorfine si è dimostrata correlata in modo significativo nei cavalli con PPID ma non nei cavalli di controllo.
Riguardo alle differenze stagionali, si è rilevato che le concentrazioni di ß-endorfine apparivano significativamente più alte nei soggetti con PPID in luglio ed ottobre rispetto ai cavalli di controllo sani. Le concentrazioni di ß-endorfine che superavano i 91 pg/mL misurate in luglio hanno mostrato una sensibilità e specificità rispettivamente del 76% e 96% per la rilevazione della PPID. Il test utilizzato è quindi adatto alla misurazione delle concentrazioni di ß-endorfine nel cavallo.
Lo studio ha inoltre evidenziato che le ß-endorfine sono più alte nei cavalli affetti da PPID rispetto ai controlli, e che le concentrazioni superiori a 91 pg/mL possiedono del potenziale diagnostico per la rilevazione di PPID. Pertanto le concentrazioni di ß-endorfine potrebbero essere utilizzate potenzialmente come un biomarker per la diagnosi di PPID o potrebbero servire come parametro per modulare il trattamento con pergolide.
Sono previsti ulteriori studi sulle ß-endorfine nei primi mesi del 2025 utilizzando questo test validato.
Profili lipoproteici dopo trattamento con Dapagliflozin o Ertugliflozin, in cavalli affetti da disregolazione dei livelli di insulina (ID)
Edward J. Knowles, Royal Veterinary College, London, UK
Lo studio prende in esame gli effetti del Dapaglifozin sui cavalli affetti da iperinsulinemia. Questi effetti non sono stati ancora completamente analizzati. Sebbene l’iperlipidemia sia rara, l’ipertrigliceridemia è spesso associata al trattamento con SGLT2i. Lo scopo dello studio era quello di prendere in esame i profili lipoproteici dei cavalli sotto trattamento.
Trenta giorni dopo l’inizio del trattamento, i livelli di insulina e il grado di zoppia sono diminuiti in modo significativo, mentre i valori di trigliceridi e colesterolo aumentavano. Non sono state rilevate differenze tra Dapaglifozin ed Ertuglifozin. Le alterazioni dei profili di trigliceridi e lipoproteine apparivano generalmente secondarie, sebbene sia stata occasionalmente osservata una marcata ipetrigliceridemia. Sono stati inoltre riscontrati livelli elevati di ß-idrossibutirrato, cosa che suggerirebbe l’insorgenza di una chetosi, una via metabolica che è stata precedentemente considerata irrilevante nel cavallo.
I rilievi mostrano che il Dapaglifozin e l’Ertuglifozin sono efficaci nell’abbassare i livelli di insulina e nel miglioramento delle zoppie in soggetti affetti da iperinsulinemia. Benchè risultassero generalmente lievi gli effetti sui trigliceridi ed i profili delle lipoproteine, alcuni soggetti sperimentavano un’ipertrigliceridemia significativa. L’aumento osservato dei corpi chetonici suggerisce che la chetosi potrebbe rappresentare una via metabolica pertinente nei cavalli trattati con questi farmaci.
Stagionalità delle concentrazioni di insulina
Ana L. Lopes, Liphook Equine Hospital, Liphook, UK
In un’analisi dei dati di laboratorio del Liphook Equine Hospital dal 2012 al 2023, i livelli di insulina hanno mostrato delle variazioni stagionali significative ed erano più alti in inverno e più bassi in tarda estate, confrontandoli con i valori primaverili. Lo schema annuale dei valori di insulina appariva sostanzialmente simile in tutte le razze tranne per i livelli di insulina a riposo nei purosangue che mostravano un valore più elevato in giugno e per gli asini che mostravano il livello più elevato di insulina in maggio.
I cambiamenti annuali dell’insulina rilevavano valori più elevati durante l’inverno e valori più bassi in estate ed autunno. Questo fatto potrebbe riflettere un adattamento fisiologico all’aumento dell’ingestione di zuccheri durante le stagioni dove è disponibile il pascolo, essendo associato ad una diminuita risposta delle cellule ß del pancreas. In alternativa, la causa potrebbe essere costituita dai cambiamenti stagionali nella sensibilità periferica all’insulina (e quindi dei valori basali a riposo).
Malattie infettive
Risposta immunologica umorale a lungo termine contro il Virus West Nile
C.H. Tolnai; University of Veterinary Medicine Budapest, Budapest, Hungary
Il livello di anticorpi neutralizzanti (nAc) si correla in modo ottimale con la protezione contro gli Othoflavivirus. I cavalli infetti sintomatici hanno mantenuto un livello protettivo di nAc fino a 4 anni post-infezione, tuttavia, il titolo anticorpale notevolmente ridotto degli animali che si sono infettati ma non hanno sviluppato sintomi clinici potrebbe non essere protettivo nei confronti della re-infezione.
Infezioni da Coronavirus equini nei cavalli adulti: pattern di diffusione
H.C. Smith, Faculty Veterinary Medicine, Utrecht University, Utrecht, Belgium
Il 50% dei casi di Malattia da Coronavirus Equini (ECov) vengono identificati dalla sieroconversione o da un significativo aumento del titolo anticorpale. Il momento migliore per la rilevazione dell’ECov tramite PCR è al secondo giorno dall’inizio dei sintomi clinici. Si è riscontrata una diffusione intermittente del virus nell’arco di 16 giorni nelle le feci. L’analisi di più campioni raccolti in giorni differenti potrebbe aumentare le possibilità di rilevare ECov tramite PCR. Aanche dimostrare una sieroconversione od un aumento significativo del titolo anticorpale potrebbe costituire un utile test aggiuntivo di affiancamento alla PCR.
Oncologia
Attività della timidina chinasi 1 nel siero e fluidi cavitari dei cavalli affetti da linfoma, Malattia Infiammatoria Cronica Intestinale (IBD) ed altre patologie gastroenteriche non infiammatorie
K.D. Drozdzewska, FU Berlin, Sophie Burde, Laboklin, Germany
Lo studio prende in esame i livelli di timidina chinasi 1 nel siero (TK1s) e nel liquido peritoneale / pleurico (TK1pf) in 29 cavalli: 10 con linfoma, 8 con IBD, e 11 controlli.
- Livelli di TK1s: i soggetti affetti da linfoma avevano un livello di TK1 significativamente più alto (3.45 U / L) rispetto ai controlli (0.49 U / L, p=0.02), ma non rispetto ai cavalli affetti da IBD (0,67 U / L)
- Livelli di TK1pf: questo valore era significativamente più alto (3,52 U / L; 18 – 14,15 U / L p=0.001) rispetto al TK1s (0.69 U / L; 0.49 – 1.89 U / L)
Correlazione: si è notata una correlazione moderata tra i livelli di TK1s e TK1pf, più forte nel gruppo di controllo.
Limiti: sono state rilevate delle significative differenze tra i gruppi di TK1s, ma non nei livelli di TK1pf. Non è emersa una chiara differenziazione tra i casi di linfoma ed IBD usando la TK1s.
Conclusione: la TK1 è un utile biomarker per distinguere i casi di il linfoma dai soggetti sani, ma è un enzima meno specifico per la diagnosi di IBD. La misurazione della TK1pf si è rivelata fattibile e può essere effettuata di routine su liquido peritoneale / pleurico durante la diagnostica oncologica. La TK1pf ha mostrato un rialzo di rilievo rispetto alla TK1s nella maggior parte dei cavalli con linfoma, ma il rialzo è stato pure osservato in pochi soggetti affetti da IBD.
L’infiammazione che accompagna la patologia gastroenterica potrebbe contribuire al rialzo del livello di Tks e potenzialmente anche del valore di Tkpf, fatto che dovrebbe essere considerato nella misurazione della TK1.
I limiti di riferimento nel cavallo per laTK1 peritoneale / pleurica dovrebbero venire validati per l’utilizzo clinico in futuro.
Neonatologia
Disfunzione neuronale ed astrogliale in puledri neonati gravemente malati
K.D. Dembek, North Carolina State University, Raleigh, NC, USA
La disfunzione neurologica è spesso diagnosticata nei puledri gravemente malati che si presentano con setticemia o Sindrome da Disadattamento Neonatale (NMS). Le proteine di origine astrocitaria e neuronale, come la proteina fibrillare acida della glia (GFAP), la proteina astrocitaria S100B e il fattore neurotropico di derivazione cerebrale (BDNF) potrebbero venire utilizzate per il monitoraggio e la prognosi dei puledri gravemente malati.
Una concentrazione aumentata di BDNF al momento del ricovero in puledri setticemici o affetti da MNS è coerente con il suo ruolo nello sviluppo post-natale del cervello, nella genesi delle sinapsi, e con la sopravvivenza.
Una ridotta concentrazione di GFAP in puledri setticemici ed affetti da NMS suggerisce una disfunzione astrogliale od una astrogliogenesi postnatale ritardata e potrebbe essere utilizzata come un potenziale marker prognostico per la non sopravvivenza. Entrambi BDNF e GFAP potrebbero essere utilizzati come fattori prognostici nei puledri gravemente malati.
Sono necessari ulteriori studi per la misurazione di questi biomarker del liquido cerebrospinale.
Asini
Rilevazione del Virus dell’Epatite B degli equidi nel fegato di due asini con iperlipemia
V. Zehetner, University of Veterinary Medicine, Vienna, Austria
Uno studio recente ha rilevato alcune similitudini tra il virus dell’Epatite B degli equidi scoperto da poco (EqHBV) ed il virus dell’Epatite B nell’uomo (HBV). Questo virus EqHBV è stato rilevato nel 3.2% dei campioni di asini e zebre con una sieroprevalenza del 5.4% e mostra una distribuzione mondiale. Tutti i cavalli testati finora sono risultati invece negativi. Negli asini il virus mostra un trofismo per il tessuto epatico e può portare ad infezioni croniche con rilievi istopatologici come infiammazione e fibrosi che assomigliano a quello che si vede nelle infezioni da HBV nell’uomo. Si è potuto rilevare l’EqHBV in 2 fegati su 5 di asini a cui era stata diagnosticata iperlipemia, mentre tutti i fegati dei cavalli sono risultati negativi. Si ipotizza la persistenza del virus in forma subclinica, a causa dei carichi virali bassi che sono stati misurati e delle caratteristiche istopatologiche non specifiche, ma sono richiesti ulteriori studi per meglio caratterizzare la rilevanza clinica dell’infezione di EqHBV negli asini.
Alta prevalenza dell’infezione virale subclinica di Epatite B degli equidi in un allevamento di asini in Romania
D. Lale, Institute of Virology, Vetsuisse Faculty, University of Zurich, Switzerland
In questo studio pilota sono stati analizzati per la ricerca del DNA del virus dell’EqHBV (Hepacivirus degli equidi) e dell’EqPHV (Epatite da Parvovirus) tramite PCR quantitativa (qPCR) e per la ricerca dell’RNA dell’EqHV (Hepacivirus equino) tramite RT-qPCR, 100 campioni di siero prelevati per la diagnostica di routine da un gruppo di asini per la produzione di latte nel nord-ovest della Romania. Il 32% dei 100 campioni presi in esame è risultato positivo per il DNA dell’EqHBV, mentre non si sono rilevati nè RNA di EqHV e nemmeno DNA di EqPVH. Il gruppo di asini era composto da 76 asine e 24 maschi, che non hanno mostrato alcuna anomalia durante l’esame clinico di routine.
L’infezione subclinica del recente virus EqHBV è stata pertanto rilevata in un gruppo di asini clinicamente sani.
Biomarker
Il ruolo dello stress ossidativo nella patogenesi dell’asma equina
S. Hansen, Department of Veterinary Clinical Sciences, University of Copenhagen, Copenhagen, Denmark
La superossido dismutasi (SOD), un antiossidante enzimatico, può parzialmente contrastare lo stress ossidativo. Lo scopo dello studio era di investigare la concentrazione locale di SOD del fluido polmonare di cavalli colpiti da asma equina (EA). E’ stato validato un test spettrofotometrico disponibile in commercio (Randox LTD) per la misurazione della SOD nei campioni da tracheal wash (TW) e lavaggio broncoalveolare (BAL). Si è rilevato un significativo abbassamento nella concentrazione di SOD nel fluido recuperato da BAL sia in cavalli affetti da asma equina con una componente neutrofilica da lieve a moderata, che anche asma severa rispetto ai soggetti sani. Inoltre, cavalli con un’asma equina severa mostravano valori di SOD più bassi nel liquido da TW rispetto ai soggetti sani.
I risultati di questo studio confermano il coinvolgimento dello stress ossidativo e, più in specifico, della carenza di SOD nei fluidi da BAL come parte della componente patogenetica dell’asma equina.
Colite equina acuta: utilizzo della siero amiloide A e dell’L-lattato come biomarker diagnostici e prognostici
Tina Holberg Pihl, University of Copenhagen, Denmark
I ricercatori hanno esplorato l’utilizzo della Siero Amiloide A (SAA) e dell’L-lattato come marker diagnostici e prognostici nella colite equina acuta.
- La SAA può servire a differenziare tra differenti tipi di colica (chirurgica vs non chirurgica) ma non è utile per predire la sopravvivenza nel caso di colite acuta. Negli stadi precoci della malattia possiamo avere dei livelli bassi di SAA, e misurazioni ripetute non si sono dimostrate predittive della sopravvivenza a causa dell’elevata mortalità precoce.
- L’L-lattato è un marker per l’ipossia tissutale. Elevati livelli di questo valore sono associati a mancata sopravvivenza nella colite. Le misurazioni ripetute di Lattato aumentano l’accuratezza diagnostica, riflettendo la risposta al trattamento ed alla fluidoterapia.
Abbinare il valore del lattato alla valutazione delle variabili cliniche (es. frequenza cardiaca, età) aumenta ulteriormente la possibilità di prevedere la sopravvivenza. Le differenze di razza (es. cavalli islandesi) possono influenzare i livelli di lattato e la prognosi.
La SAA e l’L-lattato hanno valore per la diagnosi e per presagire la guarigione nella colite equina. Mentre la SAA ha un valore prognostico limitato, l’L-lattato è un indicatore efficace per la sopravvivenza, specialmente se associato agli altri dati clinici. La diagnosi ed il trattamento precoci sono cruciali per aumentare il tasso di sopravvivenza.
L’utilizzo dell’Amiloide Sierica A ed altre proteine di fase acuta per migliorare la gestione del paziente
Stine Jacobsen, University of Copenhagen, Copenhagen, Denmark
Risposta di fase acuta: nel cavallo la SAA è la principale proteina di fase acuta, con le concentrazioni che aumentano in modo drammatico (fino a 1000 volte) durante l’infiammazione. La sua risposta rapida (8–12 ore dopo l’inizio dell’infiammazione) e la sua emivita corta (30–120 minuti) lo rendono ideale per tracciare il processo infiammatorio in tempo reale.
Uso diagnostico: la SAA è un marker specifico per l’infiammazione sistemica, aiutando a differenziare tra malattie infettive e non infettive. E’ inoltre utile per la rilevazione dell’infiammazione subclinica nei cavalli sani o prima di una chirurgia.
Misurazione specifica per compartimenti: la SAA si rileva non solo nel sangue ma anche in altri fluidi cavitari come colostro, saliva, liquidi sinoviale e peritoneale, permettendo il monitoraggio dell’infiammazione localizzata.
Metodi di misura: vengono utilizzati dei test automatizzati (es. VET-SAA, Stable Lab) per misurare la SAA, con alcuni macchinari portatili che forniscono risultati veloci ma meno precisi. La scelta del test giusto è cruciale per ottenere misurazioni attendibili, specialmente in caso di elevate concentrazioni.
Utilizzo clinico: la SAA è utilizzata nella diagnosi, prognosi e nel monitoraggio della terapia, in modo particolare per le infezioni e le condizioni infiammatorie. Aiuta inoltre ad accertare la progressione della malattia e la risposta al trattamento, come per esempio nella guarigione post-chirurgia o nella gestione delle infezioni.
La SAA è uno strumento essenziale in medicina equina per la diagnosi, il monitoraggio, e la gestione dell’infiammazione. La sua rapida risposta rende questo test un utile strumento per tracciare i cambiamenti nell’attività infiammatoria, ma la sua interpretazione richiede un’attenta considerazione del contesto della malattia e del test utilizzato.
Analisi della Paraoxonasi–1 come marker infiammatorio e dello stress ossidativo nei cavalli con colite
M. Winther, University of Copenhagen, Copenhagen, Denmark
Lo stress ossidativo legato all’infiammazione gioca un ruolo importante nella colite equina, ma il suo esatto impatto non è ancora ben compreso. L’enzima Paraoxonasi – 1 (PON-1), che diminuisce durante lo stress ossidativo e l’infiammazione, è stato studiato come potenziale marker prognostico e diagnostico nei cavalli con colite. Nonostante le differenze statistiche, l’attività della PON-1 risultava molto variabile tra i cavalli affetti da colite e non rifletteva in modo affidabile lo stato clinico o la prognosi.
Questo valore ha mostrato una debole correlazione con altri marker affermati e non monitora la risposta al trattamento. La PON-1 ha quindi un valore prognostico e diagnostico limitato nella colite equina non aggiungendo informazioni significative al di là degli altri marker esistenti.
Nutrizione
Nutrizione equina – L’evidenza scientifica dell’utilizzo della fitoterapia per varie patologie
Ingrid Vervuert, University of Leipzig, Germany
L’interesse nell’utilizzo delle erbe per la salute equina è aumentato, in particolare nelle condizioni come PPID, EMS e patologie gastroenteriche o respiratorie (EA). L’evidenza scientifica sull’efficacia e sui meccanismi farmacologici di queste erbe è comunque limitata.
Erbe per la regolazione ormonale
Agnus castus (Agnocasto): è comunemente utilizzato per la PPID del cavallo. Gli studi mostrano che può alleviare i sintomi della PPID, similmente agli effetti della pergolide.
Erbe per lo stomaco ed il fegato
Olivello spinoso: potrebbe contribuire alla cicatrizzazione della mucosa gastrica ma mancano delle evidenze conclusive.
Aloe vera: non ha mostrato alcun beneficio significativo rispetto all’omeprazolo per le ulcere gastriche nei cavalli e può avere effetti avversi.
Il Cardo mariano (Sylibum marianum): ha proprietà epatoprotettive, aumentando il metabolismo energetico, sebbene le evidenze cliniche per il suo utilizzo nelle patologie epatiche siano tuttora carenti.
Carciofo: è utilizzato per la protezione del fegato ma mancano degli studi specifici sul cavallo. Vi sono perfino studi dove gli equini che ricevevano un’integrazione con carciofo e cardo mariano per il fegato mostravano un aumento dell’attività delle gGT. Bisogna considerare anche la contaminazione dei mangimi complementari epatoprotettivi da parte degli alcaloidi della pirrolizidina!
Erbe per le patologie respiratorie (malattie infettive o asma equina)
Echinacea: ha mostrato degli effetti di potenziamento immunitario nei cavalli sani, ma servono ulteriori ricerche per valutare l’immunomodulazione nei soggetti compromessi.
Le miscele di erbe (es. anice, finocchio, aglio) hanno mostrato risultati misti in cavalli con problemi respiratori come AE. Sono stati rilevati alcuni miglioramenti nella pressione polmonare e nella resistenza delle vie aeree, ma non si sono riscontrati cambiamenti clinici importanti. L’integrazione con aglio in dosi elevate per un periodo di tempo prolungato potrebbe persino portare all’anemia a corpi di Heinz!
Le erbe mostrano quindi un potenziale per il supporto di vari aspetti della salute dei cavalli, ma sono necessari più studi clinici per confermare la loro efficacia, particolarmente per il fegato e le patologie respiratorie. Allo stato attuale il loro utilizzo dovrebbe essere considerato come complementare e basato su una maggiore quantità di ricerca per la validazione clinica.
Dott.ssa Svenja Möller