Enteropatia cronica: un argomento complesso che solleva molte domande. Il numero di pazienti che presentano “diarrea cronica” sembra essere in aumento. Questo articolo esaminerà le domande frequenti.
Come parte dei nostri gruppi di esperti, Laboklin invita regolarmente specialisti per discutere una serie di argomenti affascinanti. Abbiamo raccolto alcune risposte interessanti dal gruppo di esperti sul tema dell’enteropatia cronica.
I partecipanti sono stati: il prof. Stefan Unterer, direttore della clinica per la medicina dei piccoli animali presso la facoltà Vetsuisse dell’Università di Zurigo, un noto gastroenterologo. La dott.ssa Silke Salavati-Schmitz, che insegna alla Royal Dick School di Edimburgo, nel Regno Unito ed è nota per il suo lavoro sul microbiota intestinale e l’uso di probiotici. In qualità di esperta in dietetica, la dott.ssa Petra Kölle, PD della clinica per la medicina dei piccoli animali della LMU di Monaco ha potuto fornire preziose informazioni sul tema dell’alimentazione per i pazienti con diarrea cronica. Il prof. Wolfgang Bäumer, responsabile della sezione di farmacologia e tossicologia veterinaria presso la FU di Berlino, ha evidenziato il tema del trattamento con particolare attenzione alla legislazione farmaceutica. Aspetti importanti sull’esame istopatologico delle biopsie intestinali sono stati forniti dalla dott.ssa Heike Aupperle-Lellbach, PD, patologo e scienziato presso Laboklin.
La questione della terminologia – Qual è l’attuale definizione di “enteropatia cronica”?
La prima risposta della dottoressa Silke Salavati-Schmitz è pragmatica: in realtà non c’è! L’enteropatia cronica è piuttosto usata come termine generico. Attualmente, è quasi usata come sinonimo del termine IBD, che in passato era limitato alle malattie intestinali sensibili agli steroidi. Venna poi suddivisa in reattiva al cibo (la maggior parte dei casi) e reattiva agli steroidi. È discutibile se il gruppo delle enteropatie sensibili agli antibiotici debba ancora essere definito tale. È sorprendentemente piccolo questo gruppo, se il trattamento viene effettuato secondo criteri più recenti.
Diagnosi
Quanto spesso accade che i pazienti con enteropatia cronica non abbiano parametri ematici anomali?
La dott.ssa Silke Salavati-Schmitz riferisce che ciò non è affatto insolito. Potrebbe non esserci evidenza di infiammazione (ad es. leucocitosi, livelli elevati di PCR) e/ o malassorbimento (ad es. diminuzione dei livelli sierici di acido folico o cobalamina), ma ciò non esclude l’enteropatia. E anche clinicamente, a volte può non essere così semplice. Non tutti i pazienti affetti da malattie intestinali hanno anche la diarrea (fig. 1). Alcuni perdono solo peso o hanno vomito, altri manifestano solo cambiamenti comportamentali.
Quanto è importante l’analisi fecale?
Gli esperti concordano sul fatto che deve sempre venire eseguita un’analisi fecale per i parassiti. Anche se viene rilevata la Giardia, questa non sempre può essere semplicemente interpretata come la causa della diarrea. Gli esami batteriologici per agenti patogeni sono utili solo se sussite il sospetto che questi (ad es. Salmonella) possano essere l’agente eziologico e/o debbano essere esclusi. In generale, gli antibiotici non dovrebbero essere somministrati senza una specifica indicazione oppure semplicemente a causa di reperti microbiologici nelle feci.
Quanto è rilevante un risultato positivo per Giardia in un cane con diarrea cronica?
Il prof. Stefan Unterer e la dott.ssa Silke Salavati-Schmitz ci riflettono prima di dare esprimersi. Non può essere data una risposta esaustiva in mancanza di dati. In alcuni casi, la Giardia (Fig. 2) probabilmente colonizza secondariamente un intestino malato, oppure può essere un reperto accidentale. Forse essite solo come commensale. Poiché attualmente non è possibile distinguere se la Giardia sia o meno responsabile dei segni e dei sintomi, il trattamento con fenbendazolo viene somministrato di routine e si raccomanda poi anche di seguire le rispettive misure igieniche.
L’endoscopia e la biopsia sono sempre necessarie?
Il prof. Stefan Unterer è d’accordo con la dott.ssa Silke Salavati-Schmitz: se parlimo di gatti, preferibilmente sì, in quanto la distinzione tra infiammazione e linfoma maligno di basso grado può essere fatta solo attraverso l’esame istopatologico delle biopsie intestinali. Nei cani, non è un grande problema in quanto di solito c’è l’infiltrazione di linfociti e plasmacellule e le neoplasie intestinali sono rare. Tuttavia, se il trattamento fallisce, adeguate misure diagnostiche possono chiarire diagnosi differenziali come la colite ulcerosa, la prototecosi e l’enteropatia eosinofila, che richiedono un approccio terapeutico diverso o più aggressivo. In casi non chiari, le biopsie intestinali devono essere prese in considerazione prima di iniziare il trattamento steroideo a lungo termine. Entrambi gli esperti sottolineano che è sempre utile eseguire le biopsie durante l’esecuzione di un’endoscopia. L’aspetto macroscopico dell’intestino non è mai patognomonico di una specifica malattia. Allo stesso modo, un aspetto normale della mucosa intestinale non esclude una condizione patologica.
Sono sufficienti biopsie endoscopiche o è meglio avere biopsie chirurgiche a tutto spessore?
La dott.ssa Heike Aupperle-Lellbach, PD, sottolinea che alcuni criteri di IBD, come l’atrofia dei villi, non sono facili da valutare osservando le biopsie superficiali dell’intestino tenue. Per l’enteropatia proteino-disperdente si preferisce anche una biopsia a tutto spessore, per una valutazione completa, nella misura in cui può essere clinicamente giustificata (p.es. disturbi di guarigione delle ferite in carenza di proteine). La diagnosi di linfoma può solitamente essere fatta da biopsie endoscopiche, a condizione che la sezione interessata dell’intestino sia stata raggiunta e campionata.
Che dire del pretrattamento con immunosoppressori prima di eseguire una biopsia?
La dott.ssa Silke Salavati-Schmitz è preoccupata che ciò possa ridurre le reazioni infiammatorie e rendere più difficile la differenziazione del linfoma. Raccomanda un intervallo minimo di due settimane tra il farmaco e il campionamento, se possibile. La dott.ssa Heike Aupperle-Lellbach commenta che, dal punto di vista del patologo, se il linfoma è esteso, ci sono buone possibilità che possa ancora essere diagnosticato. Tuttavia, quando si pianificano biopsie a tutto spessore, si dovrebbe tenere presente che la somministrazione di glucocorticoidi può aumentare il rischio di deiscenza della sutura intestinale.
I livelli sierici di cobalamina vengono utilizzati per valutare il malassorbimento e la sua somministrazione fa parte del trattamento per ripristinare la salute dell’intestino. Ma che significato hanno bassi livelli sierici di acido folico?
Il prof. Stefan Unterer conferma che bassi livelli di acido folico sierico indicano anche disturbi dell’assorbimento intestinale. Finora non è stato possibile dimostrare una rilevanza prognostica e non è chiaro fino a che punto la somministrazione dei folati sia necessaria nei cani con enteropatia cronica. Comunque è una procedura consigliata.
Qual è il valore informativo/il significato della calprotectina come biomarcatore?
La calprotectina indica processi infiammatori ed è elevata nelle feci dei cani con enteropatia cronica. Il livello di calprotectina fecale è correlato alla gravità dell’enteropatia. Inoltre, in uno studio, sono stati trovati livelli più elevati nei cani con enteropatia steroide-sensibile (rispetto a quelli che non richiedevano steroidi), che possono potenzialmente guidare le decisioni terapeutiche. Tuttavia, la dott.ssa Silke Salavati-Schmitz sottolinea che la quantità di calprotectina nelle feci di piccoli animali con malattie intestinali croniche spesso non è così elevata come, ad esempio, nelle persone con malattia di Crohn (dove la calprotectina è usata come indicatore di miglioramento o remissione), cosicché molti valori ricadono nella “zona grigia”. Il motivo potrebbe essere che la calprotectina proviene principalmente dai granulociti neutrofili, mentre nei cani è spesso presente un’infiammazione linfoplasmocitica, eosinofila o “mista”.
Il microbioma
L’analisi della disbiosi viene eseguita osservando i marcatori batterici che danno un’idea dei gruppi funzionali nell’intestino. Il loro equilibrio è importante per un ambiente intestinale sano. Viene calcolato un punteggio dei livelli di diversi batteri chiave. Quali batteri chiave sono coinvolti?
Marcatori batterici tipici sono, ad esempio, Clostridium hiranonis o Faecalibacterium prausnitzii. Il primo converte gli acidi biliari primari in secondari, il secondo produce acidi grassi a catena corta. Queste sostanze hanno importanti funzioni a livello intestinale come: fornire energia agli epiteli intestinali, ridurre le reazioni infiammatorie o favorire la riparazione della mucosa intestinale. Sulla base di un algoritmo, viene determinato un punteggio o un indice da 6-9 di diversi batteri chiave.
Con che frequenza il punteggio/i marcatori sono influenzati dall’enteropatia cronica?
L’esperienza mostra che la maggior parte dei cani con enteropatie croniche presenta una disbiosi. Tuttavia, la dott.ssa Silke Salavati-Schmitz sottolinea che la disbiosi può essere presente anche in molte altre malattie acute e croniche sia all’interno che all’esterno del tratto gastrointestinale. Pertanto, non è realmente un buon marker diagnostico per la presenza di enteropatia cronica, ma fornisce un’indicazione di un cambiamento nel microbiota, che può avere un valore terapeutico.
Trattamento
Cosa si può dire per un piano di trattamento standard che può essere adottato per tutti i pazienti con enteropatia cronica?
Sicuramente, in generale il protocollo è sempre simile. Inizia con una dieta, di solito in combinazione con pre e probiotici, quindi si usano immunosoppressori. La dott.ssa Petra Kölle riferisce che la risposta alla dieta e ai pro-/prebiotici può essere molto individuale.
Per lei è molto importante che i pazienti non vengano immediatamente classificati come fallimento del trattamento se il primo tentativo dietetico non ha successo. Spesso sono necessari diversi approcci. Se sussiste qualche dubbio, dovrebbe assolutamente essere provata una dieta fatta casalinga. Nel corso delle consulenze alimentari, a volte si osserva che una dieta casalinga come cavallo + patate viene tollerata, mentre un’alimentazione industriale in lattina sempre cavallo + patate no.
Per quanto tempo dovrebbe essere eseguita una dieta di eliminazione diagnostica?
Contrariamente alla dermatologia, la dott.ssa Petra Kölle conferma che in gastroenterologia 3 settimane sono generalmente sufficienti per valutare se c’è o meno un miglioramento dovuto al cambiamento della dieta.
Quando è possibile tornare alla dieta regolare?
Se i segni clinici migliorano dopo aver cambiato la dieta, il soggetto dovrebbe mantenere questa alimentazione per un lungo periodo di tempo. Si presume che questo periodo sia di almeno 3 mesi. Tuttavia, uno studio ha dimostrato che la maggior parte dei cani che sono stati riportati alla loro dieta originale o ad un’altra dieta “normale” dopo un certo periodo di tempo hanno subito una ricaduta nell’arco dell’anno seguente.
A proposito di probiotici: quali prodotti preferiscono gli esperti?
La dott.ssa Silke Salavati-Schmitz considera l’Enterococcus faecium, contenuto in molti prodotti approvati dai veterinari, una buona scelta per problemi acuti, come la colite indotta da stress e come terapia adiuvante per le malattie infettive (ad es. Tritrichomonas fetus nei gatti). Per le malattie croniche, invece, si utilizzano solitamente miscele probiotiche. I dati più affidabili sono attualmente disponibili per VSL#3 (Vivomixx® in Europa, Visbiome® negli Stati Uniti).
Qual è l’opinione sul cibo preparato con probiotici aggiunti?
I probiotici sono microrganismi vivi che possono avere un effetto benefico per la salute se ingeriti per via orale in quantità sufficienti. Il prof. Wolfgang Bäumer sottolinea che solo l’Enterococcus faecium è approvato per essere miscelato nell’alimentazione animale nell’UE. È difficile valutare se l’integrazione del mangime con questo batterio sia sufficiente, se la sua concentrazione sia sufficientemente elevata e, ultimo ma non meno importante, se sia ancora vitale nel mangime.
Quando dovrebbero/potrebbero essere usati gli antibiotici?
Il prof. Unterer e la dott.ss Salavati-Schmitz concordano sul fatto che, al giorno d’oggi, l’uso di antibiotici è l’ultima risorsa a cui ricorrere solo quando assolutamente necessario. Questo è il caso di un’infiltrazione batterica o se il paziente soffre di una malattia gastrointestinale e mostra segni di una reazione infiammatoria sistemica. Gli antibiotici non dovrebbero assolutamente più essere usati come farmaci a lungo termine.
Dott.ssa Jennifer von Luckner