La malattia di West Nile nel cavallo si è manifestata in Italia una prima volta nel 1998 (Toscana), successivamente dal 2008 con la comparsa di nuovi focolai (in Emilia Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lombardia e infine in Sicilia e Sardegna – regioni dove è considerata endemica).
La West Nile Disease (WND) o Febbre del Nilo Occidentale è una zoonosi causata da un Arbovirus (famiglia Flaviviridae, genere Flavivirus).
Gli uccelli selvatici, soprattutto delle zone palustri, sono il serbatoio del virus. Il virus è trasmesso tra i volatili dalle zanzare del genere Culex. Lo spettro di ospiti in vivo comprende bovini e bufalini, ovicaprini, cervidi, cani, conigli, uccelli selvatici, mentre il cavallo e l’uomo sono considerati ospiti occasionali, senza circolazione diretta di virus tra loro, in quanto la viremia nel torrente circolatorio di animali di grossa taglia non permette al virus di reinfettare la zanzara che dovesse pungere un soggetto malato. Per questo motivo si considera l’infezione di uomo e cavallo un fondo cieco epidemiologico.
E’ descritta nell’uomo anche la via di trasmissione transplacentare, non confermata nella specie equina.
Trattandosi di una zoonosi, dal 2008 la malattia è soggetta a denuncia secondo il Regolamento di Polizia Veterinaria DPR 320/54, quindi appare particolarmente importante identificare le aree di circolazione virale sul territorio.
Sintomatologia
Il periodo di incubazione varia dai 2-15 giorni. Il primo sintomo è rappresentato dalla febbre che coincide con la viremia, seguita dalle manifestazioni neurologiche.
Devo considerare un caso neurologico nel cavallo come sospetto se, in periodo di attività dei vettori, riscontro atassia locomotoria o morte improvvisa oppure, in alternativa, due di questi sintomi:
- movimenti di circolo
- incapacità alla stazione (frequente causa di eutanasia)
- paresi e paralisi, soprattutto a carico dei posteriori
- fascicolazioni muscolari
- deficit propriocettivi
- cecità, ptosi del labbro, digrignamento dei denti
- debolezza del treno posteriore
- perdita della sensibilità, coma
Alcuni animali dopo la viremia presentano remissione dei sintomi e guarigione con sviluppo di immunità. La forma clinica infatti interessa circa il 10-20% dei soggetti venuti in contatto con il virus (quindi sieropositivi).
Anche una sieropositività in assenza di sintomatologia va comunque segnalata come caso sospetto, confermabile tramite sieroconversione (IgM) o all’esame necroscopico dell’encefalo e midollo spinale, dove si osserva edema meningeo, vasculite con infiltrazioni linfocitarie perivasali, degenerazione delle cellule del Purkinje, poliomielite del tratto posteriore.
Test sierologici
Laboklin offre il test Competitive ELISA per la rilevazione di titolo anticorpale per il West Nile virus. L’esito viene espresso in percentuale inversa (maggiore è il titolo, minore è la % rilevata), con possibilità di differenziare mediante un ulteriore esame il titolo anticorpale rilevato in IgG (sieropositività tardiva) o IgM (sieropositività da infezione recente).
I soggetti vaccinati non andrebbero testati in quanto non risulta possibile differenziare le IgG di origine vaccinale da quelle prodotte da una pregressa infezione di campo. La rilevazione di IgM è invece supportiva di infezione naturale recente: la sieropositività andrebbe quindi valutata in termini di sieroconversione (quando possibile, in caso di sintomatologia lieve con superamento della malattia), unitamente alla valutazione clinica neurologica.
La semplice sieropositività da IgG non costituisce pertanto elemento sufficiente per la diagnosi, viceversa indica che è avvenuto un contatto non recente con il virus che nella maggior parte dei casi decorre appunto in modo asintomatico.
Sono possibili inoltre reazioni crociate di sieropositività da ELISA con altri virus che provocano sintomi neurologici (p. es. Herpesvirus), non necessariamente correlati filogeneticamente al virus West Nile, in virtù dell’utilizzo di elementi proteici di origine equina comuni a più substrati presenti nei pozzetti ELISA.
Non esistono terapie specifiche per combattere questo virus. Si attuano infatti terapie sintomatiche per controllare l’infiammazione del tessuto nervoso e stimolare il sistema immunitario oltre alle cure supportive indispensabili per i soggetti in decubito (fluidi, nutrizione parenterale, protezioni, sedazione, etc.).
I soggetti colpiti non sono contagiosi quindi non è necessario l’isolamento od il blocco sanitario della scuderia. Vengono invece attivati – nel caso di sospetto diagnostico comunicato all’Azienda Sanitaria dal veterinario curante – i cosiddetti “Piani di sorveglianza” con la demarcazione del territorio in:
- area con circolazione virale (ACV): la zona interessata dalla circolazione virale, che ha presentato casi conclamati nel corso dei due anni precedenti
- area di sorveglianza esterna (AE): il territorio dei comuni compresi nel raggio di 20 km intorno ai casi più esterni dell’ACV o il territorio dei comuni precedentemente inclusi nell’ACV e non interessati da circolazione virale nel corso dei due anni precedenti (per la Sardegna l’AE comprende tutto il territorio non incluso nell’ACV)
- aree a rischio (AR): le aree che per caratteristiche ecologico-ambientali sono considerate a rischio di introduzione della malattia (aree paludose, foci, laghi, risorgive, etc.)
Piano di sorveglianza nazionale
Ha lo scopo di individuare precocemente le aree di circolazione virale nel territorio nazionale nella popolazione di equidi (per valutare il passaggio del virus dagli uccelli ai mammiferi) ed individuare il periodo maggiormente a rischio per la trasmissione vettoriale. Questo piano è attuato dal Ministero della Salute con la collaborazione dei veterinari, delle aziende sanitarie e degli istituti zooprofilattici che sono responsabili delle varie fasi del programma:
- sorveglianza ornitologica con utilizzo di polli sentinella e controllo degli uccelli migratori (sieropositività ed esame PCR dei capi morti)
- sorveglianza clinico-sierologica degli equidi
- sorveglianza entomologica per la presenza dei vettori
A tutt’oggi in Italia sono considerate aree endemiche Veneto e Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Sardegna e Sicilia mentre alcuni casi sporadici si sono verificati in Toscana e Lazio. Controlli sierologici a campione con ricerca IgM sono possibili su tutto il territorio nazionale. È inoltre obbligatorio segnalare tutti i casi sospetti di sintomatologia nervosa negli equidi e di mortalità negli uccelli selvatici.
Piani vaccinali
La vaccinazione degli equidi è protettiva per i soggetti a rischio per circa 12 mesi dopo il completamento del protocollo di base. Appare quindi appropriato vaccinare nel periodo appena antecedente la comparsa dei vettori.
I casi clinici nell’uomo e nel cavallo seguono di solito i picchi di presenza del virus riscontrati nei vettori secondo questo schema:
- presenza virus nei vettori: luglio-agosto
- casi clinici uomo: agosto-settembre
- casi clinici cavallo: agosto-ottobre
Per il cavallo sono registrate in Italia due tipologie di vaccini – uno inattivato e l’altro ricombinante, entrambi sicuri ed efficaci – che coprono per i due ceppi virali di Lineage I e Lineage II presenti nel nostro paese.
Si ricorda che, proprio per evitare di testare per sieropositività dei soggetti vaccinati, una volta eseguita l’inoculazione deve esserne data comunicazione all’Azienda Sanitaria competente per territorio entro 3 giorni dall’avvenuta immunizzazione (modello 12).
Misure di controllo ambientali
Vertono principalmente sulla lotta ai vettori attraverso l’utilizzo di repellenti ed insetticidi nelle zone di stabulazione degli equidi, disinfestazioni regolari con eliminazione dei luoghi dove le zanzare possono riprodursi (pozze, contenitori con acqua stagnante, etc.) ed uso di zanzariere.